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Molecola del mese di giugno 2000
La struttura dettagliata dell'HIV proteasi è stata usata
per progettare farmaci efficaci per la terapia dell'AIDS
Introduzione
I farmaci che attaccano l'HIV-1 proteasi
rappresentano uno dei successi della medicina moderna. La diffusione epidemica
dell'AIDS è cominciata poche decine di anni fa, prima di allora l'HIV
era sconosciuto. Questi farmaci hanno dimostrato l'efficacia dei nuovi
strumenti che la scienza medica ha messo a punto per combattere le nuove
malattie.
I ricercatori hanno già scoperto un gruppo di farmaci efficaci che rallentano
la crescita del virus fino a fermarla. Restano ancora da risolvere, comunque,
importanti problemi. In particolare manca ancora un vaccino efficace contro
l'HIV. Ma oggi le persone infettate dal virus HIV hanno a disposizione
degli strumenti potenti per la cura.
Colpire l'HIV
L'HIV proteasi motrata qui a lato (file PDB 3hvp) svolge un ruolo essenziale nel ciclo vitale dell'HIV.
Come molti altri virus, anche l'HIV sintetizza molte delle proprie proteine
sotto forma di un solo lungo filamento nel quale le singole proteine
sono legate in sequenza una dopo l'altra. L'HIV proteasi ha il compito
di tagliare questa lunga poliproteina in frammenti che abbiano l'esatta
lunghezza di ogni proteina. Questo passaggio ha dei tempi critici. La
poliproteina intatta è necessaria nei primi momenti del ciclo vitale del
virus, quando aiuta la formazione del virus immaturo. Poi la poliproteina
deve essere tagliata in frammenti della giusta lunghezza per costruire
il virus maturo, capace di infettare una nuova cellula. Le reazioni di
taglio devono avvenire perfettamente a tempo per permettere al virus di
costruirsi nel modo corretto, prima che la poliproteina sia distrutta.
A causa della sua funzione delicata ed essenziale, l'HIV proteasi è un
eccellente bersaglio per la terapia farmacologica. I farmaci si legano
saldamente alla proteasi bloccandone l'azione e il virus muore perchè
non è in grado di trasformarsi nella forma matura infettiva.
Enzima
sotto esame
L'esatta conoscienza della struttura atomica dell'HIV-1
proteasi ha reso possibile la maggior parte di questo lavoro. Le prime
strutture sono state determinate nel 1989. Dieci anni dopo, nell'archivio
PDB, sono disponibili più di cento strutture, incluse molte variazioni
genetiche dell'enzima, complessi dell'enzima con molti farmaci ed inibitori,
e decine di enzimi mutanti. Altre centinaia di strutture sono conservate
nei database privati delle ditte farmaceutiche, dove vengono utilizzate
per progettare nuovi farmaci sperimentali. Anche se l'HIV-1 proteasi è
stato uno degli enzimi più studiati negli ultimi tempi, resta comunque
un enzima enigmatico che nasconde ancora molti segreti.
Piccolo, ma efficiente
L'HIV-1 proteasi è un enzima piccolo, composto
da due catene proteiche identiche, ognuna lunga solo 99 amminoacidi.
Le due catene sono unite per formare un lungo tunnel che attraversa
la molecola, ben visibile nelle due figure qui sopra.
Il tunnel è coperto da due lembi flessibili della proteina. Quando
i lembi si aprono, l'enzima può legarsi ad una catena proteica. Quando,
subito dopo, i lembi si richiudono, questa viene chiusa e trattenuta
strettamente all'interno del tunnel.
Il sito attivo si trova nella parte centrale del tunnel, dove due
acidi aspartici (mostrati qui sopra con gli ossigeni rossi) aiutano
una molecola d'acqua a rompere la catena proteica.
Nella figura (file PDB 7hvp) si vede un inibitore (verde) legato nel sito
attivo che occupa una posizione simile a quella normalmente occupata
dalla catena proteica. Nel sito attivo di questa struttura, non possiamo
trovare una vera proteina, perchè questa verrebbe tagliata immediatamente
prima di poter eseguire la cristallografia a raggi X. Per questo dobbiamo
osservare come si legano gli inibitori per capire come le catene proteiche
si legano all'enzima.
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Nella figura che segue l'enzima è ripreso
di fianco così passiamo vedere che la catena dell'inibitore è
tenuta tesa e diritta attraverso il sito attivo.
I due amminoacidi di acido aspartico compiono il lavoro di catalisi,
attaccando la catena proteica nel centro.
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Esplorando la struttura
Sono quattro i farmaci che attaccano l'HIV-1 proteasi attualmente utilizzati
per trattare i malati infettati dal virus: Indinavir, Saquinavir, Ritonavir
e Nelfinavir.
Qui sotto è mostrato Indinavir all'interno del sito attivo
dell'enzima (file PDB 1hsg). A fianco è mostrata la sua struttura
molecolare che somiglia vagamente ad una proteina, infatti possiede
due legami ammidici, ma solo ai lati, mentre al centro non ne ha e quindi
non può essere tagliato dall'enzima.
Qui sotto è mostrato Saquinavir all'interno del sito attivo
dell'enzima (file PDB 1hxb) e più a destra la sua struttura molecolare.
Qui sotto è mostrato Ritonavir all'interno del sito attivo
dell'HIV-1 proteasi (file PDB 1hxw), e più a destra la sua struttura molecolare.
Qui sotto è mostrato Nelfinavir all'interno del sito attivo
dell'HIV-1 proteasi (file PDB 1ohr) e più a destra la struttura molecolare
di Nelfinavir.
Notate la somiglianza tra questi quattro farmaci. Tutti hanno dei gruppi
idrocarburici apolari disposti su ogni lato, che interagiscono con i
bordi del sito attivo a forma di tunnel. Ognuno di loro ha due atomi
di ossigeno al centro, che puntano verso l'alto nella figura e che interagiscono
con una particolare molecola di acqua che di solito è intrappolata sotto
i lembi (non mostrata qui). Tutti questi farmaci imitano una catena
proteica, e si legano all'enzima nello stesso modo in cui lo fanno le
catene proteiche. Questi però sono chimicamente diversi da una catena
proteica e l'HIV-1 proteasi non riesce a spezzarli, così restano legati
al sito attivo bloccando il normale funzionamento dell'enzima.
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