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Recettore degli estrogeni |
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Molecola del nese di settembre 2003 Gli estrogeni sono ormoni steroidei femminili che si legano a specifici recettori nel nuleo e attivano geni chiave dello sviluppo Introduzione Ci sono due momenti particolari, nella nostra vita, durante i quali il nostro corpo cresce in modo vistoso. Del primo non ci possiamo più ricordare perchè è avvenuto nei primi mesi della nostra vita quando, a partire da una sola cellula, siamo cresciuti fino a diventare un organismo completo. Mentre sicuramente ricordiamo il nostro secondo periodo di crescita rapida avvenuto durante la pubertà. In questo periodo gli ormoni sessuali inducono alcuni tessuti particolari a subire una seconda fase di crescita e di sviluppo. Nelle donne, sono soprattutto estrogeni gli ormoni che coordinano queste trasformazioni. Gli estrogeni vengono prodotti nelle ovaie e poi, nel giro di pochi secondi, vengono trasportati in tutto il corpo col flusso sanguigno, in questo modo dirigono la crescita da bambina a donna adulta. Diritti al nucleo L'azione biologica degli estrogeni, naturalmente, si esercita solo sulle cellule nelle quali vengono espressi recettori per gli estrogeni. Gli estrogeni sono piccole molecole idrocarburiche apolari e vengono prodotti a partire da una molecola di colesterolo. Sono molto diversi dagli altri ormoni più grandi, come l'insulina e l'ormone della crescita, che vengono riconosciuti da recettori posti sulla superfice della cellula. Gli estrogeni, invece, passano direttamente all'interno delle cellule in tutto il corpo, così la cellula può riconoscerli usando i recettori che sono nel suo nucleo, proprio vicino alle zone attive del DNA. Quando un estrogeno entra nel nucleo, si lega al recettore degli estrogeni, facendolo appaiare per formare un dimero. Questo dimero poi si lega ad un gran numero di siti specifici nel DNA, vicini ai geni che hanno bisogno di essere attivati. Poi, il recettore legato al DNA attiva l'apparato di lettura del DNA ed avvia la produzione di RNA messaggero. Una grande famiglia Quando i ricercatori hanno potuto esaminare il genoma umano, hanno trovato più di 150 proteine simili al recettore degli estrogeni. Questa è una grande famiglia di recettori nucleari che sono sensibili ai livelli di piccoli ormoni e di altre molecole di segnalazione, come gli steroidi, gli ormoni tiroidei, la vitamina D, e l'acido retinoico. Come gli estrogeni, queste sono tutte molecole piccole che passano direttamente dentro le cellule e arrivano fino al nucleo. Ognuno di questi recettori si lega ad una specifica molecola di segnalazione e poi attiva oppure inibisce il proprio insieme di 50-100 geni. Riconoscere gli estrogeni Il recettore degli estrogeni, così come altri recettori nucleari, è composto di molte parti collegate insieme in una lunga catena. Ad un'estremità c'è la parte che lega l'ormone, mostrata nella figura qui sopra in basso (file PDB 1a52). Questa struttura contiene l'ormone estradiolo (viola) Più oltre, legato alla prima parte con un tratto flessibile rappresentato con puntini, vi è il dominio che si lega al DNA e che ne riconosce sequenze specifiche, mostrato qui sopra in alto (file PDB 1hcq). Infine vi è un grande dominio di attivazione della trascrizione (non è mostrato qui) collegato alla fine del dominio che lega il DNA. Questo attiva la RNA polimerasi (mdm 4-2003) quando il recettore si lega al DNA. Estrogeni e cancro Quando è il momento, gli estrogeni danno l'ordine di crescere alle cellule che sono sotto il loro controllo. Questo è essenziale per le ragazze durante la pubertà, ma è anche necessario nelle donne adulte. Per esempio, gli estrogeni sono importanti per il rimodellamento delle ossa. Livelli bassi di estrogeni possono condurre all'osteoporosi. In caso di cancro, però, gli estrogeni possono aumentare la crescita innaturale delle cellule e quindi possono peggiorare la malattia. Il farmaco tamoxifen viene usato per trattare il cancro bloccando l'azione degli estrogeni. Il tamoxifen è un farmaco piccolo che imita la forma degli estrogeni come l'estradiolo e si lega fortemente al recettore degli estrogeni. Quando è legato, cambia la forma di un avvolgimento di segnalazione sulla superficie del recettore. . . . . . . . . . . . . . . . . . . La struttura illustrata qui sotto a sinistra (file PDB 1qku) ha legato l'ormone estradiolo su entrambe le catene del dimero. La parte finale (gialla) delle due catene si stringe in modo compatto sull'ormone e sul resto della catena e questo è parte del segnale di attivazione che può stimolare la crescita normale. La struttura mostrata qui sotto sulla destra (file PDB 3ert) ha legato il farmaco tamoxifen. Poichè questo è più grande dell'ormone naturale, costringe l'avvolgimento di attivazione (giallo) ad assumere una posizione più esterna che risulta inattiva, bloccando così il segnale di crescita. Esplorando la struttura Nella figura qui a destra (file PDB 1hcq) si vede in dettaglio l'interazione tra il recettore degli estrogeni e il DNA. Il recettore lega il DNA usando due dita di zinco (mdm 3-2007). Questi sono piccoli domini costruiti intorno ad uno ione zinco. Quattro atomi di zolfo di quattro amminoacidi di cisteina (gialli) circondano ognuno degli ioni zinco (verdi), formando legami molto forti che danno al dominio una struttura rigida. Il recettore inserisce un'alfa elica (elica di riconoscimento) nella scanalatura maggiore del DNA. In questa figura, guardiamo proprio lungo l'elica di riconoscimento. Molti amminoacidi su un lato di questa elica (mostrati in grigio chiaro) arrivano a sfiorare e a interagire con i bordi delle basi azotate appaiate (sfere rosa e rosse), e in questo modo possono riconoscere una sequenza specifica nel DNA senza bisogno di separare le due catene della doppia elica. Bibliografia Evans, R. (1988): The steroid and thyroid hormone receptor superfamily. Science 240, pp. 889-895. Beato, M., Herrlich, P. and Schutz,G. (1995): Steroid hormone receptors: many actors in search of a plot. Cell 83, pp. 851-857. MacGregor, J.I. and Jordan, V.C. (1998): Basic guide to the mechanisms of antiestrogen action. Pharmacological Reviews 50, pp. 151-196.
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