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Luciferasi |
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Molecola del Mese di Giugno 2006 Organismi diversi, dai batteri alle lucciole, usano la luciferasi per emettere luce Introduzione Vi ricordate la prima volta che avete visto una lucciola? Se vivete in qualche posto tra gli appennini e le prealpi italiane, probabilmente avete rincorso le lucciole fin da bambini. Se invece vivete in altre parti del mondo, probabilmente avrete avuto la gioia di scoprire le lucciole durante una vacanza estiva. Le lucciole possono aggiungere poesia e meraviglia anche alla più bella serata d'estate ad Assisi. Brilla piccola lucciola, brilla La luce fredda e verdastra delle lucciole è prodotta dall'enzima luciferasi, mostrato qui a destra (file PDB 2d1s). La produzione di luce non è un processo facile. Richiede molta energia, infatti ogni singolo fotone di luce verde richiede un'energia pari a quella prodotta dalla rottura di otto molecole di ATP. Per questo la luciferasi usa un processo che libera molta energia per produrre la luce. Contiene il coenzima luciferina che forma un complesso instabile con l'ossigeno O2, e utilizza una molecola di ATP per formarlo. Quando la luciferina ossigenata si rompe formando CO2, dà luogo ad una forma eccitata che poi emette luce. Illuminare la via Dato che la reazione della luciferasi genera luce richiedendo solo ossigeno e ATP, alcuni ricercatori hanno pensato di utilizzarla nella ricerca scientifica. Dapprima è stata usata per misurare la quantità di ATP all'interno delle cellule, infatti se queste si illuminano deve essere presente ATP. In seguito, la luciferasi è stata usata legata ad altre proteine che così potevano essere individuate all'interno di organismi viventi. La luce emessa però è spesso troppo debole per individuare singole cellule, ma può essere utilizzata per individuare ammassi di cellule cancerose. Osservando le cellule luminescenti, i ricercatori possono seguire un cancro mentre cresce e produce metastasi. Con questa tecnica si possono anche testare nuove terapie anticancro semplicemente osservando se la crescita delle cellule cancerose si arresta. Brillare nel buio Il meccanismo chimico della bioluminescenza è stato riscoperto molte volte, nel corso dell'evoluzione, dai batteri, dai funghi, dagli anemoni di mare, dai dinoflagellati e, naturalmente, dalle lucciole. In tutti questi casi c'è una proteina luciferasi che usa come coenzima una luciferina per catturare l'ossigeno. Le proteine nei vari casi sono molto differenti e anche le luciferine hanno forma e dimensioni diverse, questo indica che queste molecole si sono evolute in modo indipendente per realizzare la stessa funzione. Qui a fianco sono mostrati due esempi. La molecola sulla sinistra viene da un batterio (file PDB 1brl) mentre quella sulla destra viene da un dinoflagellato, un protozoo unicellulare responsabile della luminescenza verdastra che si osserva nelle onde che si infrangono (file PDB 1vpr). Tutte e due queste strutture includono solo la proteina luciferasi mentre manca il cenzima luciferina
Esplorando la struttura
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