|
Proteine antigelo |
|||||
Molecola del Mese di Dicembre 2009 Parole chiave: risposta al freddo, proteine antigelo, proteine che ristrutturano il ghiaccio, isteresi termica, legami col ghiaccio, biotecnologie. Introduzione Il ghiaccio è un grosso problema per gli organismi che vivono nei climi freddi. Quando la temperatura scende sotto il punto di congelamento, si formano cristalli di ghiaccio che continuano a crescere e distruggono le cellule. Questo pericolo, comunque, non ha impedito lo sviluppo della vita nelle regioni fredde del pianeta. Organismi di tutti i tipi, piante, animali, funghi e batteri, hanno sviluppato strategie per combattere la pericolosa crescita dei cristalli di ghiaccio. Alcuni organismi hanno riempito le proprie cellule di piccole molecole antigelo come zuccheri o glicerina. Ma quando era richiesta una maggiore capacità di resistere al freddo, le cellule hanno imparato a sintetizzare specifiche proteine antigelo. Ghiaccio buono Le proteine antigelo non impediscono la formazione dei cristalli di ghiaccio, ma ne limitano la crescita a dimensioni accettabili. Per questa ragione sono anche conosciute come proteine che ristrutturano il ghiaccio. Questo è necessario a causa di una strana proprietà del ghiaccio chiamata ricristallizzazione. Quando l'acqua comincia a congelare, si formano molti piccoli cristalli, ma poi alcuni di questi hanno il sopravvento e diventano sempre più grandi sottraendo molecole di acqua dai cristalli più piccoli che li circondano. Le proteine antigelo impediscono la ricristallizzazione. Si legano alla superficie dei piccoli cristalli, li stabilizzano e così impediscono o rallentano la crescita dei cristalli più grandi e pericolosi Superfreddo Le proteine antigelo abbassano il punto di congelamento dell'acqua di alcuni gradi, ma sorprendentemente non variano il punto di fusione del ghiaccio. Il processo di abbassare il punto di congelamento, ma di non influenzare il punto di fusione è chiamato isteresi termica. Le proteine antigelo più efficienti sono quelle degli insetti che abbassano il punto di congelamento di circa 6 gradi. Comunque, le proteine antigelo, persino quelle delle piante o dei batteri che hanno effetti minori sul punto di congelamento, agiscono anche in un altro modo. Sono poste all'esterno delle cellule dove controllano la dimensione dei cristalli di ghiaccio impedendo che si formino pericolosi grossi cristalli quando la temperatura scende sotto il punto di congelamento (già abbassato). Gelato ghiacciato Le proteine antigelo sono state utilizzate anche nell'industria. Per esempio, la proteina naturale antigelo ottenuta da un pesce oceanico adattato alle acque fredde "ocean pout" o "Zoarces americanus" (mostrata qui sopra dal file PDB 1kdf) è stata utilizzata come conservante nei gelati. Queste proteine rivestono i piccoli cristalli di ghiaccio che danno al gelato la sua morbida consistenza, e impediscono che ricristallizzino durante la conservazione e il trasporto evitando che il gelato si trasformi in un blocco ghiacciato. I ricercatori stanno anche sperimentando le proteine antigelo per conservare tessuti e organi che vengono conservati a bassa temperatura e ridurre così il danno provocato dai cristalli di ghiaccio. Molte soluzioni per lo stesso problema Le proteine antigelo sono un esempio perfetto di evoluzione convergente. Organismi diversi hanno elaborato in modo indipendente proteine simili per svolgere la stessa funzione. Qui sotto ne vediamo alcuni esempi. . . . . . . . . . . . Tutte queste proteine sono piccole, hanno una superficie piana ricca di treonina (azzurra) che si lega alla superficie dei cristalli di ghiaccio. Le prime due sono proteine di pesce, il pout oceanico (file PDB 1kdf), e il winter flounder (limanda americana) (file PDB 1wfb). Le ultime tre sono proteine di insetti, lo yellow mealworm beetle (scarafaggio, larva gialla del cibo) (file PDB 1ezg), lo spruce budworm moth (tarma delle gemme dell'abete) (file PDB 1eww) e lo snow flea (pulce della neve) (file PDB 2pne). Esplorando la struttura Le proteine antigelo si legano sulla superficie dei cristalli di ghiaccio, e ne impediscono la crescita. L'immagine qui sotto della proteina antigelo della pulce della neve (file PDB 2pne) ci può dare un'idea di come funziona questo reciproco riconoscimento. Sulla sinistra è mostrata solo la catena principale della proteina per capire come è avvolta. La catena comincia dal lato N-terminale blu e termina dal lato C-terminale rosso. In centro, oltre alla catena, sono mostrati gli amminoacidi, con quelli polari colorati in azzurro. Si nota che gli amminoacidi polari sono tutti localizzati sulla faccia destra della proteina e questo le consente di aderire sulla superficie del cristallo di ghiaccio. In rosa sono mostrate le molecole d'acqua con cui la proteina è stata cristallizzata. Sulla destra è rappresentata la superficie della proteina antigelo. Le zone polari basiche sono mostrate in azzurro, quelle acide in rosso, quelle apolari in bianco. Anche qui appare evidente la diversità tra le due facce della proteina. . . Spunti per ulteriori esplorazioni Le proteine antigelo sono un esempio di evoluzione convergente. Trovate altri esempi negli archivi PDB di proteine del tutto diverse che svolgono la stessa funzione. Le proteine antigelo degli insetti sono esempi di ripiegamenti a spirale nei quali la proteina si avvolge su se stessa come una molla. Confrontate il modo in cui è ripiegata la proteina di scarafaggio e di tarma con quello del tutto diverso della proteina della pulce della neve. Trovate altri esempi di ripiegamenti a molla nel PDB (suggerimento: osservate la classificazione SCOP di queste proteine mostrata in basso nella pagina del browser delle strutture nel PDB. Bibliografia S. Venkatesh, C. Dayananda (2008) Properties, potentials, and prospects of antifreeze proteins. Critical Reviews in Biotechnology 28, 57-82. A. Regand, H. D. Goff (2006) Ice recrystallization inhibition in ice cream as affected by ice restructuring proteins from winter wheat grass. Journal of Dairy Science 89, 49-57. Z. Jia, P. L. Davies (2002) Antifreeze proteins: an unusual receptor-ligand interaction. Trends in Biochemical Sciences 27, 101-106.
|
||||||
|
||||||